Eravamo a Londra, io e mio figlio, 11 anni, un bambino pieno di tante qualità. E un nuotatore. Agosto, atmosfera cosmopolita, olimpiadi, bandiere portate con larghi sorrisi sulle spalle e colorate sulle guance, record, gold medals.
Lui un giorno mi guarda e mi dice “non nuoto più”. Io non lo prendo neanche in considerazione, faccio finta di niente, penso “sarà un attimo di tentennamento”. Dopo una settimana mi guarda e mi dice “mamma, io ho deciso, non nuoto più”. Nessun tentennamento, sicuro di sé e della scelta fatta e con quella faccia, quella che fa sempre quando decide qualcosa, quella faccia tenace presuntuosa e certa, quella quando niente e nessuno sarà in grado di fargli cambiare idea. “… Non nuoto più. Mi piace nuotare, sto bene con la mia squadra, con i miei amici, non ho paura dell’impegno. Voglio fare altro. Mi sento pronto per fare altro”.
Non ho dormito per tre notti, io la solita esagerata, incredula semplicemente incredula. Perché? Perche non vuole nuotare più? Eppure quest’anno i suoi sforzi, la sua fatica è stata ripagata, medaglie d’oro regionali, un record nazionale nella staffetta mista, amici, tempo allegramente condiviso, quasi una seconda famiglia.
Sì è vero, non ho dormito per tre notti. Si è vero, lo so che si parla di uno sport e non di alti sistemi e non di decisioni “importanti” eppure….. eppure fare uno sport a livello agonistico anche se a 11 anni quanta fatica e quanto impegno c’è da parte della famiglia e dell’ “atleta” …. e atleta sembra una parola altisonante eppure… eppure tutti a ruotare intorno a un bimbetto prima e a un ragazzino poi, ai suoi allenamenti, alle gare, ai momenti di stress, ai dolorosi quarti e quinti posti (spiegaglielo a un bambino che nelle prime qualificazione erano in 300!). Sette anni dedicati al nuoto e poi all’improvviso “io non nuoto più”. E io non ho dormito per tre notti.
Ma l’adulto ero io ed ero io che non potevo essere messa in crisi da questo, io che evidentemente avevo bisogno di fare un salto di qualità, non lui con la sua forza e la sua determinazione nei suoi pochi 11 anni…. E allora la riflessione, l’esame di coscienza: cosa volevo io? Cosa pretendevo? Volevo che diventasse un campione? No, no, volevo che crescesse facendo uno sport sano e in un ambiente sano. “Tesoro mio…. e se non nuoti che sport pensi di fare?” …. “mmmm pensavo o triathlon o rugby….”. Triathlon? E che cos’è??? Vabbè, proviamo il rugby!
Il primo giorno l’ho portato a fare l’allenamento di prova sperando “da buona madre” in un “deep impact” che gli facesse cambiare idea… ma poi, mentre lo guardavo, all’improvviso da una mischia si è trovato la palla ovale tra le mani e ha cominciato a correre verso la meta…. Correva e rideva…. Non me la dimenticherò mai quella espressione felice, divertita e libera, si ecco, libera.
Orgogliosa di te figlio mio.
Roberta