Decisamente per me il viaggio inizia molti mesi prima di prendere l’aereo, inizia quando alla fine di quello precedente, per non so ancora quale stranissimo meccanismo mentale, comincio ad essere attratta da forme architettoniche, caratteristiche somatiche, scenari paesaggistici propri di un preciso Paese oppure boh, forse e’ solo pura e semplice curiosità per un’altra area geografica ben definita. Come se archiviata una sperimentazione, mi ponessi davanti un nuovo obiettivo, una sfida alla scoperta di un’altra fetta di mondo.
Un viaggio poi e’ lettura di diari, esperienze di quanti hanno avuto il desiderio prima di me di conoscere quella stessa meta e con internet ho un bagaglio immenso di descrizioni, mappe, suggerimenti, dritte per chi ha una vera passione per la bettola dove vanno gli autoctoni a mangiare, per l’escamotage lowcost per fare un’escursione e per tutte quelle possibilità che rendono il viaggio un’esperienza unica, vissuta piu’ profondamente di quanto si possa fare usando tour operators e vettori viaggio classici. Cerco di evitare di vedere troppe foto; mi piace viaggiare informata, se fai-da-te avendo tuttavia a disposizione un tempo ben determinato direi che e’ indispensabile, ma di sicuro non vorrei mai togliermi il gusto della scoperta, della sorpresa.
Il Viaggio dell’estate 2012 in Peru’ e Bolivia con una puntatina in Cile insieme a Fabio e Alessandro e’ nato esattamente con queste premesse e soprattutto dalla voglia enorme di conoscere qualcosa di più del sud America, delle popolazioni andine e di trovarci di fronte a scenari la cui bellezza e diversità hanno montato per mesi solo nella testa. Ad un certo punto la necessità che questo si trasformasse in pura emozione sotto pelle e quindi in esperienza realmente vissuta e’diventata un’urgenza non più rimandabile.
Comprati i biglietti aerei, prenotato solo l’albergo per le notti immediatamente successive al nostro arrivo in Perù (per i pernottamenti nelle varie città del nostro giro ci siamo affidati di volta in volta ad internet consultando booking.com e tripadvisor per le recensioni) e dopo aver redatto un itinerario volto a toccare ciò che ci interessava scoprire di questi 3 Paesi siamo partiti per un viaggio che si preannunciava strepitoso e che e’ durato 3 settimane. Un viaggio in quota quindi, e non solo perché quasi interamente svolto sopra i 2.000 metri!
Arequipa, la nostra prima tappa e’stato il giusto modo di iniziare; “città bianca” per eccellenza a 2.000 metri circa dal livello del mare e’ tra i più grandi centri peruviani ma abbastanza a misura d’uomo per poter entrare in contatto attraverso una semplice e piacevolissima passeggiata.
Le coloratissime donne dalle trecce lunghe e nere che sulle panchine lavorano l’ alpaca chiacchierando tra loro e i bambini che giocando accanto a cuccioli di lama, ravvivano la Plaza de Armas, piazza-fulcro piu’ o meno quadrata che si ritrova in tutti gli agglomerati sudamericani come centro della vita comune, luogo di incontro e scambio dove di solito troneggia una chiesa.
Arequipa e’ piena di pubs molto graziosi dove poter gustare ottime birre locali e il piscosour, cocktail freschissimo e gustoso a base di pisco (acquavite peruviana).
Per chi volesse cimentarsi 🙂 http://southamericanfood.about.com/od/drinks/r/classicpiscosour.htm
Imperdibile la visita del Convento di Santa Catalina e soprattutto l’escursione al Canyon del Colca, una emozionante “gita in ascesa” dove si toccano anche i 4.900 metri.
E come non provare allora a masticare le foglie di coca come fanno i locali per superare la spossatezza e il giramento di testa dovuti all’altitudine??!! Qua e’ consuetudine, si trovano bustine di foglie confezionate in ogni market, tutti i locali preparano mate de coca, infusi fatti appunto con le foglie di coca. Con mio grande disappunto ho scoperto che il gusto delle foglie masticate a lungo mi e’ risultato sgradevole (posso affermare che invece Fabio ci e’ andato…”a rota”!) ma devo dire che il sollievo rispetto al giramento di testa e’ innegabile ed immediato…. Che strano non poter accelerare il passo perché l’aria risulta così pesante, il respiro così affannoso da non poter chiedere scatti improvvisi al proprio corpo.
Ma tutto fa parte del gioco, del fascino di vivere per un po’ in una terra con queste peculiarità a cui proprio non siamo abituati. Per lo meno questa sfida, questa forma di disagio ha decisamente presa su di me. Il Canyon e’ una gola lunga e profonda, una vista mozzafiato sullo strapiombo si apre mentre la mattina presto e’ il palcoscenico naturale per l’esibizione dei condor che nel punto più alto, la “Cruz del Condor” appunto, per le correnti ascensionali che si generano, volteggiano imperiosamente.
Non avrei mai pensato che potesse farmi effetto ma davvero e’ uno spettacolo emozionante perché li vedi planare e passarti a pochi metri sulla testa con un’apertura alare impressionante e non puoi restare indifferente davanti all’evidente potenza di questi animali.
Dopo questo primo assaggio di Peru’ siamo passati in terra cilena ma questa è un’altra storia…ve la racconto la prossima volta 🙂 .
Sonia Terella